Nonostante l'intenzione di ridurre l'enorme impatto ambientale dell'industria della moda, circa la metà degli abiti venduti online dai grandi marchi di moda sono realizzati interamente in plastica vergine, cioè quella prodotta utilizzando materie prime e non materiali riciclati. Lo rivela uno studio della Royal Society for Arts, Manufacturing and Commerce (RSA), che ha analizzato circa 10mila capi trovati sui siti in due settimane a maggio. È stato riscontrato che in media il 49% era costituito interamente da nuove materie plastiche come poliestere, acrilico e nylon. In alcuni casi, solo l'1% dei vestiti conteneva tessuto riciclato. L'uso massiccio di fibre sintetiche ottenute da combustibili fossili non sorprende se si considera il boom che il fast fashion ha avuto negli ultimi 20 anni. È un circolo vizioso: dall'esplosione del fast fashion, l'uso di questi materiali più economici è quasi raddoppiato, consentendo alla moda usa e getta di continuare a proliferare.
Questi tessuti richiedono grandi quantità di energia durante la produzione e alimentano il settore petrolchimico, responsabile di gran parte del cambiamento climatico e dell'inquinamento incontrollato. Non possiamo più usare la plastica per creare capi di scarsa fattura pensati per essere indossati solo una manciata di volte. Questi richiedono grandi quantità di energia, creano danni ambientali durante il loro processo di produzione e possono richiedere migliaia di anni per essere smaltiti. (fonte: lifegate.it)
Possiamo ridurre il consumo di vestiti con la dovuta cura e utilizzandoli più volte, riciclandoli quando non li utilizziamo più, regalandoli a chi ne ha bisogno o vendendoli al mercatino dell'usato se sono ancora in buone condizioni. Quando decidiamo di acquistare dei vestiti, leggiamo le etichette: la sostenibilità passa attraverso la consapevolezza.
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